Damiani, 1967
Rassegna stampa
   
La personale di Albino Lucatello, aperta a Palazzo Kechler, è la seconda e ultima manifestazione di arte figurativa organizzata nell'ambito della Primavera del Circolo bancario e continua quel discorso sulla pittura contemporanea che il sodalizio culturale udinese va da anni svolgendo.
Lucatello è veneziano, risiede da alcuni anni a Tarcento e insegna alla Scuola d’Arte di Udine. Fra gli attuali artisti veneti detiene una posizione di notevole importanza. Nel 1956 ha vinto un premio alla Biennale di Venezia. È stato invitato alla Quadriennale di Roma, ha esposto in oltre duecento mostre collettive, ha tenuto ventun personali in Italia e all’estero. Sue opere figurano in molte collezioni italiane e straniere.
La pittura dell’artista muove da una radice astratta, ma recupera la figurazione, percorrendo un itinerario interiorizzato. I soggetti gli vengono offerto dalle terre desolate del Delta padano, dagli accesi tramonti friulani, dai solari paesaggi del Tagliamento, dalle aride sterpaglie del Tarcentino, dai favolosi boschi delle colline friulane, sentiti come in una magica atmosfera.
Lucatello però non racconta, non si perde in descrizioni oggettive. Si immerge lentamente nel paesaggio, ne assorbe il clima e gli umori, starei per dire il temperamento. Ed è tutto questo, poi, che ricrea sulla tela, con un discorso libero, personale, svincolato da motivi esterni. La pittura diventa pertanto un mondo completo e concluso nel quale l’artista ritrova se stesso e le proprie emozioni.
Vediamo in concreto il cammino creativo percorso da Lucatello. Fermiamoci alle tele ispirate ai tramonti. A colpire la sua fantasia è un’impressione di rosso e di nero. Per lui il Friuli è così: colori che esprimono una tensione dell’animo, una situazione che diventa umana ed è portata al limite di rottura. Ed egli allora riporta sulla tela quei rossi e quei neri con una materia densa, aspra e lirica insieme, così come lo spirito di questa terra. Il colore è buttato giù a grumi, strizzato direttamente dal tubetto, ordinato in una trama fitta d’impasti che risponde a un ordine segreto.
L’artista non si accontenta di un solo momento, lo approfondisce in opere successive, per renderlo sempre più intenso, in una ricerca d’assolutizzazione, che arriva quasi all’estremo della tela bianca, mossa da un segno, da un fremito.
La stessa cosa avviene per le immagini realizzate sulle colline intrise di verde e di nero, vibranti di una materia scavata, analizzata, cesellata, o per le composizioni ispirate al Tagliamento, con quei grumi di giallo, e di bruno, quelle striature di azzurro, quei vapori celestini e rosati, quegli immensi respiri bianchi. A volte il pittore sente il bisogno di rendere il linguaggio più esplicito, e allora sottolinea documentaristicamente il senso della composizione, inserendo sotto i ciottoli del greto del fiume reinventati cromaticamente dei sassolini autentici. L’effetto diventa prezioso e raffinato.
Nelle composizioni più recenti si avverte una ricerca sulla figura umana fatta emergere dall’atmosfera, nutrita di quei suoi succhi. Siano ancora al tentativo, all’esperimento, che almeno in qualche caso, però, arriva a compiutezza e indica nuove aperture al linguaggio dell’artista.
  da “Il Gazzsttino”,
domenica, 7 maggio 1967

ALBINO LUCATELLO AL CIRCOLO BANCARIO

di Licio Damiani

 

 


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