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Baldissera, 1986
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VENEZIA – Nacque a Venezia nel 1927. Esordì in pittura nel 1944. Si trasferì in Friuli nel ’63. È morto a Tarcento due anni fa. Albino Lucatello (di cui si apre oggi una retrospettiva alla Galleria Bevilacqua La Masa di Venezia, Piazza San Marco 2), dopo una carriera artistica già molto avviata in Italia e all’estero, a un certo punto lasciò Venezia e si trasferì in Friuli, dove insegnò disegno dal vero ed educazione visiva all’Istituto d’Arte di Udine.
Un po’ appartato dal “vivo” della società artistica e culturale fervente di dibattiti, raggiunse la sua maturità artistica affinando con maggior precisione quelle che erano state le direttive iniziali imposte alla propria attività nel campo figurativo.
Negli anni Cinquanta infatti, Lucatello — seppur giovanissimo — trovò già una propria collocazione ideologica all’interno del dibattito allora in corso, in particolare negli ambienti marxisti, sul realismo. Scartò il binomio arte/società (con tutte le sue implicazioni, fino all’eccesso dell’arte/propaganda) e definì invece la propria pittura in termini di rapporto dialettico arte/natura.
In questo quadro poetico e ideologico videro la luce alcune serie particolarmente significative di opere, dai “Tetti” a “Orti”, da “Portosecco” a “Paesaggi del Delta”, cui faceva da contrappunto la serie delle “Teiere”, espressione non priva di spunti polemici e ironici del contrasto tra la naturalità del reale e l’artificiosità del mondo creato dall’uomo.
Contemporaneamente Lucatello sviluppò le sue straordinarie attitudini al disegno. Nelle sue opere in bianco e nero la figura umana diventa campo di profonda ricerca psicologica ed è caricata di un significato culturale che si pone in rapporto dialettico con il resto della sua pittura.
Il periodo friulano per certi versi rappresentò la prosecuzione delle linee definite nel periodo veneziano. Ma per altri versi, e anche a causa di una velata volontà polemica dell’artista nei confronti del mondo “artificiale” rappresentato da Venezia come realtà storica e culturale, si connotò di profondi elementi innovativi.
Il rapporto con la natura, che in Friuli è particolarmente suggestiva, si fece diretto e immediato in una specie di totale immedesimazione, ma al tempo stesso si rese più attento il dialogo di Lucatello con le grandi linee della pittura europea.
Nel Friuli un po’ appartato, fu possibile a Lucatello vedere con serena chiarezza dove andava la pittura europea. Egli ne prese atto, accettò e rifiutò, assolse e condannò. Il periodo friulano, che costituì la piena maturità dell’artista, è dunque solcato da linee di intensa meditazione pittorica (le serie di “Natura del Friuli”, “Ostacoli”, “I Musi”) e da sperimentazioni audaci e però accorte.
Negli ultimi anni l’artista giunse a riflettere intensamente sulla problematica della storia: questa riflessione trova espressione, oltre che nei suoi quadri, anche in documenti scritti che rivelano il suo impegno nella problematica più recente del pensiero europeo.
 

da “Il Piccolo”,
22 marzo 1986

…E POI SCELSE IL FRIULI

di Roberto Baldissera

 

 


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