Vecchie terremotate
  ’76/’77: vecchie terremotate
   
 
 
Non c’è più lo studio, il più bello e grande della sua vita, sul quale aveva riversato tante speranze; si sente ferito e demotivato, come se da quell’esperienza traumatica non dovesse più ritornare alla pittura. La casa è lesionata e ha dovuto trasferirsi con la famiglia a Grado, una delle località dove più numerosi sono sfollati i friulani. Quando torna dall’Istituto d’Arte di Udine dove insegna, gira inquieto il paese circondato da laguna e mare, finché gli capita di entrare in un albergo dove sono raccolte insieme tante anziane signore giunte dai luoghi sinistrati.
E allora ricomincia a disegnare. Sono trascorsi tanti anni dalla grafica neorealista e Lucatello non è certo pittore che si ripeta; sta vivendo, nel tempo e nella realtà, dimensioni diverse – ma irresistibile il ricordo torna al segno teso e vibrante dei carbonai, delle donne alluvionate del Polesine, delle mondine – a quel senso di tragedia che sembra riconoscersi nel richiamo alla sofferenza. Quando i friulani vedono quei ritratti, esclamano convinti: “È mia nonna!”

         
   

 


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